Arundhati Roy

“Ieri notte una amica mi ha chiamato da Baroda. Piangendo. Ci sono voluti quindici minuti perché riuscisse a dirmi cosa fosse successo. Non era molto complicato. Era solo che Sayeeda, una sua amica, era stata assalita dalla folla. Solo che il suo ventre era stato squartato e riempito di stracci infuocati. Solo che dopo che era morta, qualcuno le aveva inciso le lettere “OM” sulla fronte.”

[…]

“Una folla circondò la casa dell’ ex deputato Iqbal Ehsan Jaffri. Le sue telefonate al direttore generale della polizia, al commissario, al segretario in capo, al segretario in seconda, furono ignorate. I furgoncini della polizia che stazionavano davanti casa sua non intervennero. La folle irruppe.

Denudarono le sue figlie e le bruciarono vive. Decapitarono Ehsan Jaffri e lo smembrarono.

Ovviamente, è solo una coincidenza che Jaffri fosse un critico implacabile  del Primo Ministro del Gujarat, Narendra Modi, durante la sua campagna per le elezioni suppletive dell’Assemblea Rajkot di febbraio.”


Pausa.

Respiro.

Conobbi per la prima volta Arundhati Roy leggendo il suo resoconto dei massacri  del Gujarat, nel marzo 2002, resoconto del quale ho tradotto i passaggi che avete appena letto.

Ne rimasi subito profondamente colpito e ne apprezzai sia la tensione morale  che la capacità narrativa, la quale riusciva a toccare le mie corde più sensibili.

Ma lasciamo ancora parlare lei:

“Mentre da una parte si pone mano allo smembramento del paese e ci si affretta a svenderne i pezzi, dall’altra si distoglie l’attenzione orchestrando il coro ululante del nazionalismo indù e del fascismo religioso.
Sono stati ripresi i test nucleari, e intanto si riscrivono i libri di storia, si bruciano le chiese, si demoliscono le moschee. Censura, pattugliamenti, sospensione delle libertà civili e dei diritti umani sono ormai prassi comune, così come le pratiche tese a discriminare tra chi può essere definito cittadino indiano o meno, soprattutto a danno delle minoranze religiose. Nel marzo 2002, nello Stato di Gujarat, duemila musulmani sono stati massacrati nel corso di un pogrom organizzato dalle autorità. La ferocia si è accanita in particolare contro le donne, denudate e costrette a subire stupri collettivi prima di essere bruciate vive.” (Le Monde diplomatique, marzo 2003)

“In India c’è una società di tipo nazista, dove ancora centinaia di migliaia sono i musulmani boicottati economicamente e qualcosa come cento mila sono i musulmani cacciati dalle loro case. La polizia non registra questi casi. Ci sono uno o due casi importanti di cui la Corte Suprema si sta occupando, ma la gran parte di questi crimini rimane ancora completamente irrisolta.” (da un’intervista di Amy Goodman del 25 maggio 2006)

Varun Gandhi ha chiesto la sterilizzazione dei musulmani. “Questa terra sarà conosciuta come bastione degli indù, e nessun musulmano oserà alzare la cresta qui da noi”, ha dichiarato, usando un insulto rivolto a chi è circonciso. “Dai musulmani non voglio neppure un voto”.

“Un politico ha bisogno di un bacino di voti, come una multinazionale di un mercato di massa. Al giorno d’oggi, entrambi chiedono aiuto ai mezzi d’informazione.
Le multinazionali quell’aiuto lo comprano (circa il 90 per cento degli introiti dei canali televisivi, così come della carta stampata, viene dalla pubblicità). I politici se lo devono guadagnare attirando l’attenzione. Varun Gandhi può benissimo sopportare qualche critica, o un breve soggiorno in galera, se il suo discorso carico d’odio, pronunciato di fronte a una folla in delirio nel suo isolato collegio elettorale, è trasmesso e ritrasmesso dalle televisioni negli orari di punta. Ha ottenuto la visibilità che voleva. Chi è un mostro per qualcuno, per altri può essere un messia.”

“Le istituzioni democratiche – tribunali, polizia, “libera” stampa ed elezioni – invece di funzionare come un sistema equilibrato basato sul controllo reciproco, spesso fanno il contrario. Si coprono le spalle a vicenda per favorire gli interessi superiori di “unione” e “progresso”. (da: Il tramonto della democrazia, Internazionale 8 maggio 2009)

E poi, c’è la questione del Kashmir. Una questione talmente lunga e complicata che merita di essere trattata a parte. Voglio solo dire quì che Arundhati Roy si è impegnata per anni, tamite i suoi scritti, rilasciando interviste o intervenendo in dibattiti pubblici, nel denuciare l’oppressione militare Indiana sul Kashmir: la Roy ha sempre dimostrato una tale cura per l’approfondimento storico, una tale capacità di analisi e una conoscenza diretta dei fatti che la sua opinione in materia (ovvero che il Kashmir deve essere libero e indipendente), merita di essere ascoltata con attenzione e non può essere liquidata come una superficiale presa di posizione.

Arundhaty Roy si è sempre schierata dalla parte dei più deboli (che in India sono milioni), per il rispetto dei diritti umani, per il diritto all’autodeterminazione, contro lo sfruttamento indiscriminato del territorio, contro la minaccia nucleare  (e contro la guerra in generale), contro il neoimperialismo, contro lo svuotamento sostanziale della democrazia a beneficio degli interessi delle multinazionali e degli oligarchi locali.

(Il suo impegno su molteplici fronti è stato così intenso e prolifico che non c’è spazio quì e non sarebbe giusto riassumerlo in poche parole: in fondo al post trovate una serie di link ad articoli da lei pubblicati e a video di sue interviste, tutto in Inglese.)

Ecco perché la notizia della sua casa assediata e parzialmente vandalizzata, il 31 ottobre 2010, da attivisti ultranazionalisti indù, che protestavano contro l’ultima dichiarazione della Roy in favore dell’indipendeza del Kashmir, mi sconvolge. (Fortunatamente la Roy non era in casa ed è, per ora, incolume.)

Ed ecco perché ho deciso di parlare di lei.

Articoli:

Sul progetto della diga del Narmada (aprile 1999)

Sulla minaccia nucleare (2 giugno 2002)

Sull’insorgenza maoista (30 ottobre 2009)

Saggio (in 5 parti) sui maoisti (27 marzo 2010)


video:

Arundhati Roy e David Barsamian a Seattle, 2004 (6:54)

Intervista con Riz Khan, AlJazeera, 2 novembre 2009 (12:07 +10:40)

Intervista a “Democracy Now!”, 22 marzo 2010 (9:28 + 10:00)

Arundhati Roy legge alcuni brani del suo saggio sui maoisti, 27 marzo 2010 (6:53)

Intervento negli Stati Uniti, 11 aprile 2010 (10:00)

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