Italiani, brava gente

Questo è il primo post che ho pubblicato  il 24 agosto 2009:

78 uomini e donne disperati, affrontano un viaggio della “speranza” dall’Eritrea, fino alle coste della Libia. Lì vivono in condizioni di schiavitù per guadagnarsi un passaggio via mare per l’Italia, l’agognata meta. Forse in Italia potranno ritrovare un cugino, un fratello, un conoscente: il conforto di un volto amico. Ma i cinici trafficanti di esseri umani li lasciano andare al loro destino con una scorta di carburante che sarebbe bastata a mala pena ad un esperto navigatore per arrivare a destinazione, ma che si è rivelata tragicamente insufficiente per i poveri sprovveduti. Evidentemente disorientati, essi hanno vagato per il mare fino ad esaurire il carburante, il cibo, l’acqua.

Da repubblica.it:

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/immigrati-10/lampedusa-strage/lampedusa-strage.html

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/immigrati-10/racconto-viviano/racconto-viviano.html

Leggeteli bene questi articoli, guardate le immagini, ascoltate le voci di questa notizia che non fa più notizia, perché, tanto, ci siamo abituati.

Questo gommone è andato alla deriva per più di venti giorni.

Finita l’acqua potabile, alcuni hanno iniziato a bere acqua di mare, e sono stati i primi a morire. Ad uno ad uno, sono morti quasi tutti, prima le donne, poi gli altri: ai sopravvissuti non e’ restato che buttare i cadaveri in mare. Alla fine cinque di loro sono stati raccolti da una motovedetta e portati sulla terraferma, a Lampedusa.

Quello che raccontano questi superstiti fa raggelare il sangue: in venti giorni hanno avvistato una decina di imbarcazioni e solo una si è fermata per prestare un minimo soccorso. Ma anche in quel caso, i soccorritori si sono limitati a dare qualche bottiglia d’acqua, un po’ di cibo e poi sono spariti senza portare i disperati in salvo. Lasciandoli a loro stessi a continuare a morire.

Ma come siamo arrivati a questo?

Il canale di Sicilia è una delle zone più trafficate e monitorate del mediterraneo: è semplicemente impossibile che un natante di quelle dimensioni vaghi per venti giorni senza essere avvistato da qualche nave commerciale o militare. Pasolini avrebbe detto: “Io so, ma non ho le prove…” che i nostri militari sapevano, che i vertici sapevano, ma hanno lasciato che tutto ciò avvenisse. Ed è anche fin troppo palese che la posizione del nostro governo è: “Respingeteli alle frontiere! Rimandateli indietro! Tolleranza zero! Nessuna pietà!” (E questo, tra l’altro, ci ha già procurato la ferma condanna dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati.)

So bene che il mio paese ha molte facce, che il vecchio adagio “Italiani, brava gente” non vuol dire niente. So che nella storia del nostro paese, dalla memoria troppo corta, siamo stati capaci di tutte le bassezze possibili immaginabili, dall’impiego del gas nervino in Etiopia alle leggi razziali del ’38, grazie alle quali molti nostri cittadini sono finiti nei campi di sterminio nazisti.

Eppure Pasolini diceva che la dittatura fascista aveva cambiato il comportamento degli italiani, senza tuttavia intaccarne l’anima: la forza delle tradizioni millenarie, legate ad una civiltà agricola che rimaneva essenzialmente tale, rimaneva il collante della nostra società. Ciò che ci ha veramente cambiato è stato quello che lui chiamava il “genocidio culturale” : quel lavaggio del cervello ad opera dei mezzi di comunicazione di massa che ci ha fatto dimenticare quello che eravamo per farci diventare dei perfetti consumatori. Suscitare bisogni e paure che non avevamo, sostituire nuove scale di valori a quelle precedenti; sradicare la nostra identità locale e dialettale per farci sognare un’America sfavillante e finta come quella di Hollywood.

E così oggi ciò che è importante è avere il telefonino di ultima generazione, la macchina più costosa, la seconda o la terza casa…

E poi ci capita di leggere di quei bagnanti di Torregaveta che continuavano a prendere il sole indisturbati mentre i cadaveri di due bambine rom annegate venivano lasciati sulla spiaggia per ore.

COSA SIAMO DIVENTATI!!!??

Quello che mi sconvolge di più è il cambiamento degli uomini di mare, che da millenni, per una legge non scritta, precedente e ben più importante di tutte le leggi scritte, sanno che è loro sacro dovere soccorrere chiunque si trovi in difficoltà in mare.

Questa volta a rendere peggiori quelli che avevano ancora un briciolo di umanità ci hanno pensato direttamente le nostre care istituzioni: il parlamento, il governo e la magistratura.

Vi ricordate quel caso in cui un pescatore aveva tratto in salvo l’ennesimo barcone di migranti ed era stato denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina? E se non avesse lanciato quella benedetta cima lo si sarebbe potuto denunciare per omissione di soccorso!

Ma un povero cristo cosa deve fare? Farsi sequestrare la barca, il mezzo di sostentamento per se e per la sua famiglia e passare guai giudiziari oppure lasciare dei disperati in mare condannandoli a morte e convivere con un senso di colpa che si può immaginare enorme?

Al danno si aggiunge la beffa, dal momento che le beffe in questa Italia di giullari non mancano mai. Il ministro dell’interno Roberto Maroni dichiara che il racconto dei sopravvissuti non è attendibile!!! La mente raffinata e smaliziata del nostro ministro ritiene più plausibile che cinque disperati prendano un gommone di 12 metri (capace di portare 70-80 persone, ma loro volevano stare comodi…) arrivino fino alle acque territoriali italiane, si liberino di carburante, cibo ed acqua; si procurino volontariamente ustioni e disidratazione; dimagriscano fino a diventare scheletri, e, dulcis in fundo, una volta portati in salvo, inventino una storia inverosimile di navi che non prestano soccorso e di cadaveri gettati in mare, con l’intento machiavellico di estorcere illegittimamente lo status di rifugiati. Ne sanno una più del diavolo questi migranti..! La loro storia è giudicata inattendibile perché, udite udite, i 73 cadaveri non sono stati avvistati dagli aerei di ricognizione. Prova irrefutabile del fatto che non sono mai esistiti. E poi, le condizioni di salute dei superstiti sono troppo buone perché essi pretendano di aver passato più di venti giorni in mare: i nostri eroi scoppiano di salute, sembrano usciti dal centro massaggi di Messegue’.

Ma come si può anche solo pensare che delle persone che hanno visto la morte in faccia inventino una storia di sana pianta; inventino di aver buttato in mare i cadaveri, in alcuni casi dei loro congiunti; inventino di aver avvistato una decina di imbarcazioni, nessuna delle quali ha avuto la bontà di avvicinarli o di avvisare le autorità? (ma sono sicuro che le autorità sapevano)

Il fatto che si riesca a dire una cosa del genere senza provare vergogna ci dà la misura del degrado morale e mentale al quale siamo arrivati.

Un ultimo punto.

Davvero crediamo che respingendo i barconi in mare riusciremo a risolvere il problema? Allarghiamo un po’ la prospettiva: l’Europa ha di fronte a sé il continente africano in cui centinaia di milioni di persone sono in condizioni disperate per una serie di cause: sfruttamento delle risorse da parte delle ex-colonie; elevato livello di corruzione di classi governative anch’esse cresciute all’ombra delle potenze coloniali, quando non si tratti addirittura di dittatori folli ancora tollerati dalla comunità internazionale (altro che esportare la democrazia!); una costante instabilità politica e una conflittualità inter-etnica e inter-tribale che spesso sfocia in guerre vere e proprie che continuano da decenni nell’indifferenza mondiale, (anzi, esse rappresentano un ottimo mercato per le armi che produciamo); la progressiva desertificazione causata dallo sfruttamento intensivo delle terre e dal surriscaldamento globale.

Centinaia di milioni di africani vedono nell’Europa il più vicino punto di salvezza. Un posto dove non rischiare di morire di fame o di essere fatti a pezzi con un machete: siamo di fronte ad un fenomeno migratorio di scala continentale (che abbiamo messo in moto noi, direttamente e indirettamente). Pensare di poterlo arrestare aumentando i controlli alle frontiere e rispedendo indietro i migranti è come pensare di fermare le cascate del Niagara con un secchiello.

Franco Frattini dice che la Comunità Europea deve farsi carico congiuntamente sia delle attività di controllo che dell’accoglienza dei migranti. Giusto. Ma questo vuol dire occuparsi degli effetti, piuttosto che delle cause del fenomeno.

Umberto Bossi, inconsapevolmente, si avvicina di più al nocciolo del problema quando dice che se fermiamo i migranti prima che partano, avremo meno morti in mare. Sono d’accordo con lui. Ma forse il suo metodo è un po’ diverso da quello che ho in mente io: forse lui sogna la costruzione di un’ennesimo muro dell’infamia, con molto filo spinato e barriere elettrificate, lungo tutta la costa mediterranea dell’Africa. Io invece penso a qualcosa di molto più impegnativo e forse ancora più irrealistico: risolvere i problemi dell’Africa: affrontare le cause che spingono le persone ad emigrare e cercare di invertire questa tendenza.

 

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